Il cero pasquale

Pubblicato giorno 12 aprile 2015 - Novità e riflessioni

Cero pasquale

Senza dubbio il cero pasquale è il protagonista della prima parte della liturgia della Veglia di Pasqua (detta “Lucernario”). Dopo aver benedetto il fuoco nuovo, che con la sua luce irrompe nella notte, il celebrante vi accende il cero: la luce del Cristo risorto illumina le tenebre della morte e del peccato e le sconfigge. Dio agisce nella notte, come nella prima Pasqua all’uscita dalla schiavitù egiziana, così anche nella Pasqua di risurrezione, proprio per poter squarciare la notte che è dentro ciascuno di noi. Dalla piccola fiamma di questo cero vengono accese le candele dei fedeli fino ad illuminare la chiesa: la luce e la gioia del Cristo risorto si espande tra i popoli per illuminare il mondo.

I simboli posti sul cero ne esprimono il significato: il primo è la croce, che nella risurrezione di Cristo si trasforma da segno di morte a fonte luminosa di salvezza. Il secondo sono le lettere greche A e Ω, la prima e l’ultima dell’alfabeto, a ricordarci che in Cristo tutto ha inizio e tutto a lui ritorna. Infine l’anno, per ricordarci che Cristo è Signore dei tempi e dell’eternità.

Anche nel canto dell’Exultet si loda e s’inneggia a questo grande simbolo. In questo canto di lode si parla della “solare chiarezza di questa nuova luce” alla cui presenza invochiamo la misericordia di Dio. Viene poi cantata la notte che splende come giorno e che è fonte di luce per la delizia degli uomini. La notte della risurrezione diventa l’origine di ogni vita e di ogni gioia. Ed infine la stupenda descrizione del cero, in cui si sottolinea il suo essere frutto del lavoro delle api (l’opera di tanti uniti per la lode di Dio) ed il suo legame alla colonna di fuoco dell’Esodo, che è presenza liberante di Dio. Il fuoco viene poi preso come simbolo della grazia di Dio: pur avendo acceso altre fiamme, esso non perde il suo splendore, il quale invece si accresce nel consumarsi della cera: ugualmente Cristo nel “consumarsi” per noi nel sacrificio della croce, accrese la gloria di Dio e la nostra salvezza. Qui la parte conclusiva di questo grande inno:

O notte veramente gloriosa,
che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo creatore!
In questa notte di grazia accogli, Padre santo, il sacrificio di lode,
che la Chiesa ti offre per mano dei suoi ministri,
nella solenne liturgia del cero,
frutto del lavoro delle api, simbolo della nuova luce.
Riconosciamo nella colonna dell’Esodo
gli antichi presagi di questo lume pasquale
che un fuoco ardente ha acceso in onore di Dio.
Pur diviso in tante fiammelle non estingue il suo vivo splendore,
ma si accresce nel consumarsi della cera
che l’ape madre ha prodotto
per alimentare questa preziosa lampada.
Ti preghiamo, dunque, Signore, che questo cero,
offerto in onore del tuo nome
per illuminare l’oscurità di questa notte,
risplenda di luce che mai si spegne.
Salga a te come profumo soave,
si confonda con le stelle del cielo.
Lo trovi acceso la stella del mattino,
questa stella che non conosce tramonto:
Cristo, tuo Figlio, che risuscitato dai morti
fa risplendere sugli uomini la sua luce serena
e vive e regna nei secoli dei secoli.
Amen.